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Via S. Pietro Martire 18,
Reggio Emilia, Italia

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Romano Quaretti
Professore


 

“ARTPOINT18”


ArtPoint 18, via S. Pietro Martire, Reggio Emilia
marzo 2015

 

 
 

Artpoint18 è un luogo straordinario. È un luogo dove l’arte, intesa come intuizione sensitiva, come immaginazione pura, è una sfida all’impossibile, all’improbabile. È un succedersi continuo di eventi artistici, di composizioni immaginifiche, spaziali, di simbologie esoteriche ed ermetiche. L’habitat è una cameretta spoglia, totalmente vuota: di volta in volta, gli artisti Giordano Montorsi e Sandra Moss vi collocano, vi sistemano degli oggetti, dei manufatti artigianali, da loro prodotti. Nel loro fare e disfare seguono un progetto, un’idea: da semplice bozza la sviluppano l’amplificano, la intrecciano con visioni, con sensazioni colte nell’immediato. A poco a poco quell’idea prende corpo e forma: sembra un’installazione, sembra una decorazione complessa, sembra una tessitura di oggetti in parte pensati, in parte casuali: ma nulla è casuale e nulla è ben definito. Una costante è la leggerezza, che involge di sè ogni cosa, anche quegli oggetti, quegli insiemi che non solo paiono, ma che di fatto sono grevi, incombenti. è una leggerezza compositiva, che toglie materia, che toglie massa a tutto cio’che genera fatica e pesantezza. Gli oggetti, le cose, le installazioni sono percepiti come pure forme galleggianti nel vuoto. Per trasformazione estetica si presentano come essenze, come ideiformi, sospese in un loro magico iperuranio. È tutto approssimativo, e tutto cangiante: il tutto prescinde da significazioni assolute e tautologiche. I sensi delle cose, delle essenze sono strettamente connessi alle contingenze. Tutto sembra fatuo, futile, evanescente. In realtà, sono sperimentazioni, sono un puro agire artistico, un fare e un trasformare, un plasmare e un forgiare o foggiare vestiti nuovi, scenografie nuove, il tutto riempendolo dei propri sogni, dei propri desideri, anche puramente trascendenti, assurdi, impossibili. È un laboratorio ed una vetrina: è una identità sdoppiata. È lo spazio creato per essere, in breve tempo, disfatto e reinventato, sino all’infinito: in un tendere all’orizzonte senza fine, dove nell’aggiustare, stendere, imbullonare, installare sta il significato, lo scopo dell’agire artistico, dell’essere artistico. È, nello stesso tempo, il luogo della vanità, dell’apparire, dell’esserci. È il luogo, in cui si fuoriesce dà sè per contemplare se stesso attraverso la suggestione indotta e generata negli altri: quelli che si soffermano stupiti e increduli. Inevitabilmente, sboccia tra il laboratorio e la vetrina un dialogo fitto, fitto, in cui tutto si riversa: curiosità, rivelazione, scoprimento interrogazione e riflessione. Il dialogo diventa la vita, la sostanza, la forza di Artpoint18. Diviene una voce sottile, sottile, che entra nei vicoli, nelle contrade, negli incontri di amici, di conoscenti. Porta con sè l’eco del manufatto d’arte, della curiosità d’arte, del senso dell’arte e del suo fascino perenne. A poco a poco molti ne parlano, pure i gior- nali, i mass-media. La vita solitaria di Artpoint18 continua, tra le ombre e le luci del vicolo su cui si affaccia, illudendosi e illudendo, sognando e facendo sognare. Nelle opere esposte prevale un senso marcato di solitudine, un senso pungente di vuoto e di provvisorio. Si ripete sovente la simbologia cosmica di pannelli che si aprono e che si distendono verso orizzonti non definiti: un occhio minaccioso di rapace sovrasta la visione cosmica e la rende ancestrale. Le combinazioni presentano, all’inizio, un armonia estetica fine a se stessa, sucessivamente compromessa da oggetti pungenti e minacciosi. L’ordine cosmico si rivela all’esterno sereno, sicuro, stabile e statico: in realtà un qualcosa di anomalo, di indeterminato ne mina dal di dentro le fondamenta: sembra aleggiare un ‘attesa misterica e greve. Vesti bianche, di un lucore abbagliante, sfilano come fantasmi, nel vuoto e nel silenzio assoluto dello spazio cosmico.


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